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Le famiglie ricomposte

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Le famiglie ricomposte

La tematica delle famiglie ricostituite, considerando che, nel nostro Paese, soltanto a partire dagli inizi degli anni ’90 è esplosa la necessità e la curiosità di conoscere questo universo complesso e in continua espansione, è più che mai attuale ed emergente.

In ciò hanno sicuramente contribuito l’incremento delle separazioni e dei divorzi che, manifestandosi in molti casi nei primi anni di matrimonio, creano basi favorevoli alla decisione di riprovare. Per quanto il fenomeno abbia dimensioni più ridotte che altrove, la società italiana, ancora molto ancorata al concetto tradizionale di famiglia, è chiamata a fare i conti con i cambiamenti (anche radicali) che questo comporta e comporterà in futuro, dal punto di vista sociale, giuridico, morale e culturale. Vi sono configurazioni familiari sempre più comuni nella società contemporanea. Tra queste, quella delle coppie che si sposano, si separano, costruiscono nuovi legami affettivi che conducono a un nuovo matrimonio o convivenza: si tratta delle famiglie ricostituite e ricomposte, caratterizzate dall’articolarsi, a diversi livelli di complessità, di più nuclei familiari intersecati.

Famiglie ricostituite semplici e complesse

Famiglie ricostituite semplici e complesseNelle famiglie ricostituite il nucleo di convivenza è costituito da una coppia in cui uno o entrambi i partner ha figli da precedenti unioni: nel primo caso si parla di famiglie ricostituite semplici, nel secondo di famiglie ricostituite complesse.

E le famiglie ricomposte?

Si definisce famiglia ricomposta una famiglia binucleare in cui almeno uno dei due nuclei diventa una famiglia ricostituita e in cui gli adulti presenti nei diversi nuclei condividono compiti genitoriali riguardanti i figli delle precedenti unioni. Anche in questo caso è possibile distinguere tra famiglie ricomposte semplici quando solo un nucleo è una famiglia ricostituita, e famiglie ricomposte complesse quando entrambi i nuclei sono famiglie ricostituite.

Le famiglie ricomposte, definite da Giani Gallino (1998) "cespugli genealogici" per la loro ampia estensione orizzontale anziché verticale, possono essere considerate espressione di una società post-moderna "liquida" (Bauman, 2000), in quanto caratterizzata dalla revocabilità dei modelli e delle configurazioni sociali.

Per quanto riguarda le famiglie ricomposte, Keshet sostiene che coloro che intraprendono un secondo matrimonio devono far fronte ad uno speciale compito consistente nell'integrare loro stessi ed i loro figli all'interno della struttura della nuova famiglia. Per ciascun individuo, questo processo di integrazione richiede una rielaborazione del proprio modello di famiglia e delle proprie aspettative circa la vita all'interno di essa. Questo processo di costruzione di una realtà condivisa è molto più difficile, nel caso di secondi matrimoni, a causa della relativa mancanza di norme culturalmente prescritte circa le modalità di funzionamento di un nucleo ricostituito. Rispetto alle "famiglie normali" le seconde unioni sono contraddistinte da un vuoto di regole sociali e giuridiche, alle quali i loro componenti possono fare riferimento per affrontare problemi di natura sia materiale, sia relazionale. Tale anomia delle famiglie ricomposte è evidente sia al livello del linguaggio sia del diritto: come abbiamo visto, infatti, non vi è alcun termine sufficientemente adeguato per indicare il ruolo sociale dei membri di queste famiglie e il diritto ignora i problemi specifici del secondo matrimonio. L'assenza di ruoli, norme sociali e leggi che guidino il processo di ricostituzione possono quindi rendere la vita familiare molto difficile e fonte di tensione.

Sicuramente l’organizzazione della vita di una famiglia ricostituita è complicata (richiede molto impegno e spirito di adattamento) ma, se non si hanno delle aspettative irrealistiche, come ad esempio considerare che possa seguire lo stesso iter della famiglia tradizionale, può rappresentare una buona occasione, una “seconda opportunità”, sebbene con delle caratteristiche “diverse” dalla precedente.

Il mediatore sistemicoIl mediatore sistemico

Il mediatore sistemico, chiamato in causa quando questo tipo di famiglia entra in conflitto, basa la propria azione sui presupposti del pensiero complesso; è quindi in grado di lasciare ampio spazio, nelle proprie emozioni, nel proprio agire e nel proprio sentimento all’area dell’incertezza, quella che deriva dal principio di indeterminazione di Eisenberg e che ci dice che la capacità di tollerare gli spazi di ambiguità è quella che dà al sistema la possibilità di evolvere secondo i propri naturali canoni, le proprie possibilità genetiche e contestuali. Chi, in un modo o nell’altro secondo le proprie specifiche competenze, si occupa di conflitto è inserito in un sistema complesso. Avere una visione della “complessità” significa avere la possibilità di ampliare il raggio di intervento, mantenere viva la curiosità anche nei confronti di iniziative nuove, di epistemologie e competenze diverse dalla proprie e cercare anche con altre realtà linguaggi condivisibili e interventi integrati.

Il rischio iatrogeno è maggiore laddove viene persa di vista la complessità che caratterizza l’intero processo, complessità legata ai diversi livelli di osservazione e di analisi.

Telfener definisce “calibrazione” la capacità di muoversi agevolmente tra complessificazione, esemplificazione della realtà portata dagli utenti, mantenendo così un livello ottimale di complessità.

principali richieste d’aiutoQuali sono le principali richieste d’aiuto?

Tra i problemi maggiori che le famiglie ricostituite si trovano ad affrontare ci sono sia quelli connessi alla complessità dei legami, sia quelli relativi all’indefinitezza dei confini e all’ambiguità delle funzioni da svolgere.

Nel primo caso le difficoltà sono da ricercare nelle diverse storie di vita di ciascuno, nelle esperienze effettuate e nella mancanza di elementi comuni alle parti su cui lavorare. Nel secondo caso è necessario che i membri dei nuovi nuclei siano fin dall’inizio consapevoli dell’impossibilità di agire seguendo modelli tradizionali e, quindi, della necessità di utilizzare modalità più flessibili ed aperte all’esterno e al passato.

La sfida principale indotta dalla complessità delle famiglie ricomposte è rappresentata dal dover costruire un’identità familiare, e far sì che tutti i membri possano sviluppare un senso di appartenenza a essa, senza avere una storia comune e condivisa. Ciò significa, nell’ottica del benessere psicologico dei figli, ridefinire i precedenti legami tra genitori e figli, mantenere i rapporti con i genitori non conviventi, sviluppare relazioni adeguate tra genitori acquisiti, figli acquisiti e fratelli acquisiti, preservare i rapporti con le famiglie di origine dei genitori biologici, e infine sviluppare nuove relazioni con la famiglia estesa del genitore acquisito (Malagoli Togliatti, Lubrano Lavadera, 2002). La complessità di tali compiti di sviluppo è una delle ragioni della fragilità di queste famiglie (secondo le rilevazioni demografiche le seconde nozze sono più instabili e a rischio di una nuova separazione rispetto al primo matrimonio), ma se la nuova famiglia riesce ad assolvere bene tali compiti, essa può offrire delle risorse importanti per la crescita dei figli, quali il poter fare riferimento a più adulti allevanti (una sorta di coalizione genitoriale) che collaborano fra loro e forniscono supporti educativi e affettivi diversificati, godere di un’ampia rete di parentela e confrontarsi con valori e stili di vita differenti, condividere esperienze con fratelli di diverse età. Secondo Visher e Visher la sfida principale della famiglia ricostituita è quella di dover divenire gruppo, senza che tutti i componenti del sistema familiare abbiano avuto una storia comune e condivisa. Tra le fasi principali e i relativi compiti di sviluppo che la famiglia ricomposta deve affrontare sono stati individuati:

  • Costituire un’identità di coppia solida e matura
  • Ridefinire i precedenti legami tra genitori biologici e figli
  • Sviluppare relazioni adeguate tra genitori acquisiti, figli acquisiti e fratelli acquisiti
  • Costruire un senso di appartenenza alla nuova unità familiare

La complessità della famiglia ricomposta si esplica anche sul fatto che in gioco non vi sono soltanto dei rapporti tra piani generazionali diversi, a cui sono assegnati principi di responsabilità ben definiti (quella di genitore, di nonno, di figlio), bensì anche delle interrelazioni fra più classi di una medesima generazione.

Infatti, se invece di attribuire all’aggettivo “diverso” una connotazione negativa ricollegandolo a ciò che non è la regola, a ciò che è inconsueto, gli si attribuisce una connotazione positiva associandolo alla possibilità di scoprire, di conoscere qualcosa di nuovo, anche se meno noto e più complesso, sicuramente ogni persona coinvolta potrà affrontare la nuova situazione con l’atteggiamento adeguato per trarne un arricchimento o, se non altro, per darsene la possibilità.

La mediazione familiare è il metodo ideale per negoziare accordi soddisfacenti sull’esercizio della genitorialità e laddove si riaprano conflitti centrati in modo specifico su aspetti connessi al processo di ricomposizione familiare.

Keshet J., (1990), Cognitive Remodeling of the Family: How Remarried People, View Stepfamilies, American Journal Orthopsychiatric, 60 (2)

Malagoli Togliatti M., Lubrano Lavadera A., (2002), Dinamiche relazionali e ciclo di vita della famiglia, Il Mulino, Bologna

Mariotti M. (1999), Lo stile mediatorio. Maieutica, 9-10-11

Mazzoni S., (2002), Nuove costellazioni familiari: le famiglie ricomposte, Giuffrè, Milano

Van Cutsem, C. (1999) Le famiglie ricomposte, Raffaello Cortina Editore

Visher e Visher (1990), Simbolo e forma, Aragno

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Questo articolo è stato scritto da Stefania Balzani

stefaniabalzani

Psicologa, Psicoterapeuta, Mediatrice familiare

Cell. 3771750978